Futuro Remoto, I racconti Futuro remoto

Futuro Remoto_Alessandra Montemurro

_Mi ha spiegato mio nonno che per i latini il futuro era “ciò che sta per” , “che è sul punto di” , “che è destinato ad” ESSERE.

Io non ci ho capito più di tanto, e questo mi capita spesso, visto che, pur avendone sedici, dicono che abbia il cervello di un bamboccio di tre anni. Essere paragonato a mio cugino Samuele mi fa imbestialire, ed anche questo mi capita spesso.

Tornando a mio nonno, lui sì che ci prova a far finta che io sia come gli altri! Anzi, mi ha preso per uno svuotatasche di dati date nomi teorie pensieri nozioni, tipo quella del futuro. Mentre dice che così alleno il cervello, io vorrei rispondergli che sarebbe più facile mandarlo in palestra il cervello, almeno mi riposo un po’!

Tornando al futuro, io me lo ero immaginato diverso da quello che mi ha spiegato il nonno. Per me il futuro è quando non ci saranno più le persone, ma solo zombie, extraterrestri e robot. Succederà fra mille o un miliardo di anni, ma io non vedo l’ora che accada, anche se non ci sarò. Di tutti noi, ormai morti, ci saranno solo fantasmi impazziti pronti a sbranare i propri simili. Ma c’è un fatto: in quel futuro remoto tutti saremo uguali nella nostra assenza, e nessuno ricorderà di Alessio Rossi, sedicenne autistico che muore dalla voglia di parlare, comunicare, esprimersi, sentirsi in tutto simile agli altri. Se oggi potessi parlare, direi a mio nonno di riferire ai latini che non avevano capito niente, che il futuro è lontano, anzi lontanissimo, anzi, per uno come me non esiste affatto.

Affido a questa pagina il compito di spiegare a tutti voi che fingete che sia tutto appostissimo, che non lo è affatto, che sentirsi imprigionati in una corteccia di silenzio è una tortura insopportabile.

Ed io non la sopporto, quindi vi saluto e vi dico addio.